venerdì 16 giugno 2017

Il Virus che devasta la Terra

«Desidero condividere con te, Morpheus, una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura» (Agente Smith – “Matrix”).
 
Perchè l’uomo non è in armonia con il cosmo? Il male è senza dubbio un fenomeno reale sperimentabile nel corso della storia umana. Ma allo stesso tempo è anche un mistero inspiegabile. Qual’è la sua origine? Se il cosmo e la natura umana fossero radicalmente malvagie, come si spiega la nostalgia del bene che abita il cuore umano, il rifiuto del male e dell’ingiustizia? D’altro canto, se il cosmo e l’uomo sono buoni, allora come si è giunti dunque a questa perversione?
 
Homo Erectus
 
Spesso si giustifica il male come un’assenza di bene, ma a guardare bene le azioni dell’uomo nella storia, non possiamo limitarci a descrivere il male come una carenza di bene, ma come una vera e propria perversione, una perversione del senso dell’essere e dell’esistere. Il male degrada e violenta l’uomo. Esso lo pone in contraddizione con se stesso.
 
Non è altro, dunque, che nonsenso e perversione. La gente se lo chiede: esiste un problema nella relazione tra l’uomo e l’uomo e tra l’uomo e il creato? Esiste una ferita nell’armonia cosmica che contraddistingue il creato e che l’uomo non è in grado di realizzare nel suo rapporto con la natura e con se stesso?
 
Da più parti giungono segnali di un disagio profondo nel cuore umano, come se questo mondo non fosse il nostro. Non si comprende bene se siamo noi umani stranieri ad esso, vermi ingordi precipitati qui per caso, e perché abbiamo ridotto questo pianeta, un giorno nostra culla accogliente, in un mondo ostile e minaccioso, tale da fargli assumere i nostri connotati di avidità distruttiva e di cinismo indifferente.
 
Matrix
 
L’uomo, da custode a predatore del creato. Forse bisogna andare all’inconoscibile giorno in cui l’uomo non avvertì più se stesso come natura, come figlio della terra. Da uomo della natura si scopri uomo nella natura, con niente simile a sé. Fu allora che si sentì padrone della Terra e non più custode, dominatore di tutto, per dimenticare l’orrore della sua fragilità e del suo destino di morte. Egli ridusse tutte le cose ad “oggetti”, donne comprese, nell'ambito di quel sistema patriarcale supportato dalle religioni abramitiche. Basta ricordare i primi passi della Bibbia in Genesi dove si afferma: "... Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo"da tenere a bada e da sfruttare a suo piacimento.
 
E’ così che nasce la cultura umana, la cultura tecnologica, del dominio e dello sfruttamento razionale, freddo, della natura. Per un po’ le cose vanno bene.
 
La tecnica dà una mano allo spadroneggiare dell’uomo sulla terra, fino a quando il criterio che dirige ogni scelta sul pianeta non diventa l’economia. L’uomo-padrone arraffa quanto è economicamente utile e nel modo in cui è economicamente vantaggioso. Se serve, si devasta un territorio, lo si avvelena anche. Se serve, si cura un nemico o un operaio ferito. Se non serve, lo si lascia morire.
 
La “new economy”, come oggi la si definisce, oltre a devastare la natura, schiaccia l’uomo, gli impedisce di vivere, a meno che non appartenga ad un ristretto numero di privilegiati. Perchè il creato è stato scippato a tutti ed è diventato proprietà di alcuni, con la complicità di chi ha definito diritto divino la proprietà privata. Così l’economia diventa incertezza quotidiana, guerra, annullamento dei diritti umani, menzogna, sovvertimento insensato della natura.
 
Dobbiamo all’economia se oggi a presiedere uno Stato, molto spesso, non è un presidente ma la “banca”. La tecnica è il braccio armato dell’economia, una economia che annulla la dignità umana e che lo asserve all’avidità di pochi gruppi che influenzano la vita dell’intero pianeta. L’atomo gli fa vincere una guerra, ma inquina generazioni e generazioni.
 
La biologia ci assiste nella fecondità umana, ma non è un suo problema se un giorno programmeremo, secondo le nostre esigenze, una generazione di atleti senza sentimenti, oppure soldati ottusi ed ubbidienti, oppure carne per il consumo sessuale. Gli organismi geneticamente modificati possono aumentare la produzione, ma la Monsanto si sente innocente se poi magari scopriremo che ci siamo avvelenati coi nostri soldi. Paradossale ma vero: l’economia non sa che farsene dell’uomo, non vuole la natura umana che in sé è collegata col tutto; vuole solo la propria autoconservazione. Cioè, in fondo, l’idolatria del dollaro e delle merci.
 
Questa civiltà che ogni giorno, rispetto ad uomini e cose, si connota con il cinico usa e getta, non è ancora riuscita a farci dimenticare che se non siamo padroni della natura, tuttavia siamo ad essa inscindibilmente collegati, tanto che deturpare il creato è gesto autodistruttivo, e disprezzare l’uomo predispone ad assalire il creato. Una umanità senza sentimenti, puramente tecnica, non si accorge nemmeno della scomparsa di migliaia di specie animali e vegetali.
 
Non prova nessuna nostalgia per una bellezza sprofondata nel nulla dopo millenni di cammino sulla terra. Dopo averne privato una parte consistente dell’umanità, abbiamo anche privato di diritti animali e piante. Questo discorso, nella logica occidentale viene presa per idiozia! Può una pianta, un animale avere dei diritti? Il punto è che sentendoci padroni di tutto, riconosciamo il diritto alla vita a chi vogliamo noi, secondo le convenienze. Si comincia a ridurre la pianta e l’animale ad oggetto, aprendo così la strada a vergognarci di quanto di animale c’è in noi! Fino a dire che anche certi umani sono sottouomini, privi di ogni dignità. E stabiliamo noi che deve vivere e chi deve morire.
 
L’uomo è nato per distruggere? E’ biologicamente destinato alla distruttività? Quali dinamiche ostacolano o agevolano la possibilità di una società multiculturale? Con la fine della Guerra fredda, molti hanno sperato che si aprisse un’era di pace, in cui tanta parte delle risorse indirizzate a mantenere l’equilibrio del terrore potesse indirizzarsi finalmente al miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità.
 
Non è andata così. E’ solo cambiata la tipologia dei conflitti, con una diminuzione di quelli fra Stati, un aumento dei conflitti interni internazionalizzati, ossia di quelli che pur mantenendo l’epicentro all’interno di uno Stato finiscono per coinvolgere altre nazioni, e una prosecuzione inalterata degli altri conflitti interni, ma con potenziale coinvolgimento di un numero sempre superiore di persone, anche in relazione alla diffusione del terrorismo.
 
Hiroshima
 
E’ possibile guardare da una prospettiva scientifica a questo fenomeno? Può la scienza aiutare a chiarire i principali fattori che influenzano il rischio di conflitti e di violenze di massa? La domanda potrà apparire fuori luogo, o quanto meno fuori epoca, a chi ritiene che con l’Olocausto e la bomba atomica la scienza abbia “perso l’innocenza” e posto fine all’ultima delle “grandi narrazioni” che avevano permesso la coesione sociale e ispirato le utopie che si sono succedute nella storia dell’umanità, per aprire le porte a quella società post-moderna descritta da tanti sociologi, da Jean-François Lyotard a Zygmunt Bauman, che, divenuta “liquida” e priva di un senso di comunità, cerca di ritrovarlo attraverso la creazione di ghetti identitari più indifferenti che tolleranti verso gli altri e sempre pronti a entrarvi in conflitto.
 
L’umanità è un virus per la Terra? Tutti noi potremmo essere meno umani di quanto pensiamo. Quantomeno è ciò che suggerisce una nuova ricerca, rivelando che il genoma umano è in parte un virus, per la precisione il Bornavirus, portatore di morte per cavalli e pecore. Sembra che 2 milioni di anni fa, questo virus abbia inserito parte del suo materiale genetico nel nostro Dna.
 
Bauman
 
La scoperta, pubblicata su “Nature” del 7 gennaio, dimostra come questi virus di tipo Rna possono comportarsi come i retrovirus (ad esempio Hiv) ed integrarsi stabilmente come ospiti dei nostri geni. Questo lavoro di ricerca potrebbe consentire di capirne molto di più sulla nostra evoluzione, rivelando come il mondo attuale sia anche il frutto del lavoro di un virus contenuto in ognuno di noi. «La conoscenza di noi stessi come specie è stata leggermente mal interpretata», afferma Robert Gifford, paleo-virologo presso l’Aaron Diamond Aids Research Center.
 
Insomma non abbiamo tenuto conto che il Dna umano si evoluto anche grazie al contributo di batteri ed altri microrganismi e che le nostre difese immunitarie hanno fatto ricorso a quel materiale genetico per difendersi dalle infezioni. Sembra che fino all’8% del nostro genoma potrebbe ospitare materiale genetico dei virus.
 
Nello studio, ricercatori giapponesi hanno trovato copie di un gene del Bornavirus inserite in almeno quattro zone diverse del nostro genoma. Ricerche condotte su altri mammiferi hanno rivelato la sua presenza in una vasta quantità di specie per milioni di anni. «Hanno fornito le prove di un reperto fossile con tracce del Bornavirus», afferma John Coffin, virologo alla Tufts University School of Medicine di Boston e coautore dello studio “Questo ci dice anche che l’evoluzione dei virus non è andata come pensavamo”. Nei risultati dello studio, i ricercatori guidati da Keizo Tomonaga della Osaka University, hanno scoperto che due geni umani sono molto simili al gene del Bornavirus. Gli scienziati sostengono che il questa “infezione preistorica”potrebbe essere una fonte di mutazione umana, specialmente nei nostri neuroni. A questo punto non si può che dare ragione all’Agente Smith di “Matrix” nella sua convinzione che soltanto un altro organismo sul pianeta si comporta come l’uomo: il virus.
 
Keizo Tomonaga
 
Quel misterioso salto evolutivo dell’Homo Erectus. Zecharia Sitchin in molti dei suoi libri afferma la teoria secondo la quale, in un passato molto remoto, un gruppo di viaggiatori extraterrestri provenienti dal pianeta Nibiru, chiamati Anunnaki, sarebbero scesi sulla Terra per sfruttare le risorse minerarie del nostro pianeta. Secondo Sitchin, avendo bisogno di manodopera per l’estrazione di minerali, gli Anunnaki pensarono di manipolare geneticamente la specie terrestre più simile a loro, innestandovi il proprio Dna: fu scelto un ominide, l’Homo Erectus.
 
E’ possibile che questo intervento possa aver alterato il corso della naturale evoluzione umana? La nostra rapida evoluzione, incapace di armonizzarsi con i tempi e le regole della natura, potrebbe dipendere da questo? Nuovi ritrovamenti complicano il dibattito fra quanti ritengono che l’Homo Erectus abbia avuto origine in Africa orientale e quanti sostengono un’origine asiatica.
 
 Homo Erectus sarebbe stato in grado di fabbricare sofisticati utensili già 1,8 milioni anni fa, vale a dire almeno 300.000 anni prima di quanto si pensasse. Ad affermarlo è uno studio pubblicato su “Nature”, da un gruppo di paleoantropologi della Rutgers University e del Columbia University Lamont-Doherty Earth Observatory.
 
Homo Erectus apparve circa 2 milioni di anni fa, andando a occupare vaste aree dell’Asia e dell’Africa. E proprio in Africa orientale si è ritenuto a lungo che si fosse evoluto, ma la scoperta nel 1990 di fossili altrettanto antichi in Georgia ha aperto la possibilità che esso abbia avuto origine in Asia.
 
Evoluzione
 
I nuovi reperti complicano ulteriormente la situazione in quanto gli strumenti trovati accanto ai fossili georgiani del sito di Dmanisi sono piccoli strumenti da taglio e raschiatori che mostrano caratteristiche piuttosto semplici simili a quelle della cultura di Olduvai, mentre fra quelli rinvenuti nella regione occidentale del Turkana, in Kenya, vi sono asce, picconi e altri strumenti innovativi che gli antropologi chiamano di tipo “acheuleano”, che permettevano di macellare e smembrare un animale per mangiarlo. Le abilità coinvolte nella produzione di uno strumento di questo tipo suggerisce fra l’altro che Homo Erectus fosse in grado di un pensiero “anticipatorio”.
 
«Gli strumenti acheuleani rappresentano un grande salto tecnologico», ha osservato Dennis Kent, uno degli autori dello studio. «Perché Homo Erectus non avrebbe dovuto portare con sé questi strumenti con sé in Asia?». Gli strumenti analizzati provengono dal sito di Kokiselei, dove erano stati raccolti insieme a parte dei sedimenti immediatamente circostanti per poterne datare l’età. Parlando di salto tecnologico, vale la pena ricordare i misteriosi miti che narrano la nascita della civiltà e della tecnologia.
 
Quasi tutte le culture umane raccontano di una divinità che nella notte dei tempi insegnò agli umani la fabbricazione di oggetti, l’agricoltura, le arti e le leggi civili. Basti pensare al mito greco di Prometeo che ruba il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini, oppure al dio dei Maya Quetzalcoatl, che agli albori della storia umana consegnò la sapienza agli uomini, ed infine, al racconto biblico del peccato originale nel quale l’uomo, sedotto da un serpente, esce dall’ordine cosmico per divenire “simile a Dio”.
 
Gli antichi e misteriosi miti della “Colpa di Origine”. Quasi tutte le culture umane hanno miti che raccontano di una “colpa di origine”, di un evento antico che avrebbe “deviato” l’uomo dal suo percorso evolutivo naturale. Il più conosciuto è sicuramente quello raccontato dalla Bibbia e secondo l’interpretazione di un autore cristiano del III secolo, Ireneo di Lione, quello di Adamo è stato un peccato d’impazienza, un voler bruciare le tappe.
 
Benchè già creato ad “immagine e somiglianza” di Dio, l’uomo cede alle lusinghe del serpente che gli promette di farlo diventare uguale a Dio. Ma chi è questo serpente? E’ possibile che antichi esseri extraterrestri abbiano modificato il genoma umano, intervenendo indebitamente sull’evoluzione naturale dell’umanità?

giovedì 29 settembre 2016

Religione, Etica e Metafisica in Star Wars

I grandi che hanno visto da piccoli la prima trilogia, tornano ad appassionarsene, mentre i più piccoli iniziano con trepidazione a immergersi per la prima volta in questo fantastico universo immaginario. Certo, perché si tratta un’ ottima saga, una delle più famose della storia del cinema, con una storia avvincente ed una trama intrigante; è certamente un’ ottimo prodotto culturale, ma non solo.
 
 
Star Wars è anche la riproposizione futuristica dell’onnipresente scontro tra il bene ed il male, e sicuramente è per questo che ha avuto un così grande successo: oltre che alle magistrali prestazioni dei grandi attori della serie (quali Harrison Ford, Liam Neeson, Christopher Lee, Evan McGregor, Alec Guinnes, Natalie Portman), e la sfrenata fantasia di George Lucas, ciò che tanto ci appassiona della serie è la mostra favolistica e affascinante di ciò che più da vicino ci riguarda: la irriducibile tensione tra il bene ed il male, vecchia come la vita stessa.
 
Nell’ universo di Guerre Stellari questi concetti (“bene” e “male”) sono espressi nella Forza, il potere salvifico che conferisce forza e saggezza ai cavalieri jedi , e nel suo lato negativo, chiamato appunto Lato Oscuro della Forza, da cui deriva il malvagio e degenerato, ma immenso, potere dei sith, i nemici naturali dei jedi.
 
Già questa piccola introduzione alle basi concettuali della storia è ricchissima di possibili collegamenti con la filosofia. Bisogna notare che il Lato Oscuro non sussiste di per sé stesso, come una forza altra, generata da una diversa sorgente, dalla Forza che assiste i Jedi, pur mantenendo con questa il più  acerrimo antagonismo.
 
Queste sono piuttosto da interpretare come la medesima forza (e infatti i poteri di jedi e sith sono perlopiù gli stessi). Non si tratta di un conflitto tra due istanza separate nello stile dello Zoroastrismo, ad esempio, o dello gnosticismo e del manicheismo.
 
Qui il male si staglia solo come degenerazione del bene, non è una forza propria, non ha una propria sussistenza indipendente, e si configura sempre in antitesi al bene che pure gli è necessario per istanziarsi. Il bene ha senso di per sé  stesso, il male no.
 
Qua si rende chiaro che il Bene, il Bene come tale, ha una supremazia inattaccabile e costituisce una destinazione salvifica certa per la vita tutta.
 
Questa è una delle risposte più belle della filosofia, che già avevano individuato grandi filosofi come Plotino ed Agostino.
 
A riprova della validità di questa chiave interpretativa, basterà rilevare che il male , nella serie, porta esso stesso il nome della Forza: è chiamato infatti Lato Oscuro della Forza; non accade invece il contrario. Il male ha senso solo sullo sfondo del bene e non viceversa: il Bene ha un potere quindi infinito e trascendente il male.
 
Ma cerchiamo di indagare più a fondo questa misteriosa Forza.
 
Non è certo facile, visto il misticismo che caratterizza il rapporto tra di questa ed i jedi , i quali ne parlano quasi solo per massime e aforismi; potremmo dire che la Forza è una qualche forma di tessuto cosmico, sospesa, come in bilico tra il fisico ed il metafisico: dal lato puramente fisico-scientifico, sappiamo grazie alle parole del maestro jedi Qui-Gon Jinn ne “La minaccia fantasma”, che la Forza “parla” ai jedi attraverso delle non meglio precisate cellule chiamate Midi-chlorian, organismi simbiotici che pervadono il sangue dei jedi e mediano una strana forma di comunicazione tra di loro e la Forza.
 
Anakin Skywalker fu scelto dal maestro proprio per la sua elevatissima concentrazione sanguigna di Midi-chlorian. Dal lato mistico-metafisico invece, la Forza manifesta un carattere onnisciente, è infatti capace di prevedere ogni fenomeno e conosce qualsiasi cosa, ed è la fonte della grande saggezza dei jedi; inoltre, suggerisce loro l’avvenire futuro od immediato di pericoli e tensioni; quando Anakin perde la madre ne L’attacco dei cloni Yoda percepisce il suo dolore nonostante si trovi addirittura in un altro pianeta. Infine, la Forza permette di interagire col mondo fenomenico in modo sovrumano: infatti jedi e sith sono in grado di far levitare gli oggetti, compreso il loro stesso corpo. Per gestire queste qualità sovrumane i jedi si allenano fin da piccoli nel controllo del corpo e della mente.
 
Non è facile proporre una qualsiasi ipotetica interpretazione filosofica di questo rapporto che lega uomini (e alieni, ovviamente) alla Forza. Essa li libra al di là dei fenomeni, è oltre lo spazio ed il tempo, eppure si occupa di “parlare” agli jedi che soli sanno ascoltarla; “Ci circonda, ci penetra, e tiene unita tutta la galassia” diceva Obi Wan a Luke nel quarto episodio. È una sorta di connessione, un intreccio, una compenetrazione appunto, tra un’intelligenza cosmica onnipresente e gli esseri finiti.
 
La Forza, somiglierebbe, in virtù di questi suoi specifici caratteri, e del suo rapporto benevolo col mondo fenomenico, simile al Dio dei cristiani. Infatti anche Esso è onnisciente e, pur avendo la perfezione completa e non necessitando di nulla, intrattiene rapporti coi mortali; anzi, la Bibbia è piena di casi in cui questo Dio, specie di ponte tra l’Essere e gli esseri, “parla” agli uomini, in modo assai simile alla Forza che ‘parla’ agli jedi. In effetti non mancano nella saga vari indizi che fanno sembrare quella degli jedi una vera e propria religione. Nel quarto episodio della saga uno degli alti ufficiali dell’Impero si riferisce ad un’ “antica religione” jedi prima di essere soffocato da Darth Vader attraverso la Forza.
 
È proprio questa figura oscura, quella di Darth Vader, ad aver caratterizzato maggiormente tutta la saga; la sua è una storia tristissima, quasi in linea con la tragedia greca piuttosto che con il cinema futuristico: Vader, prima conosciuto come Anakin Skywalker, è dapprima il più promettente tra gli allievi padawan dei jedi.
 
Dopo una giovinezza di confusione e tribolazione sentimentale, passerà al Lato Oscuro e arriverà ad uccidere il suo stesso maestro, Obi Wan Kenobi, nel quarto film della serie (il primo della prima trilogia). La figura di Anakin è ricchissima di spunti di riflessione filosofica sui temi della moralità e dell’etica: il giovane jedi, passionale e fortemente innamorato della moglie Padmé, inizia nel terzo episodio ad avere visioni della morte della sua sposa.
 
Tradisce i jedi, diventando allievo del signore oscuro dei Sith, che gli promette un potere tale da impedirne l’imminente morte. Anakin non controlla l’enorme potere della sua passione amorosa che lo porta a massacrare i jedi su ordine del suo nuovo maestro;  così si compie la sua trasformazione da eroe del bene a campione del male, da cavaliere jedi, a signore di sith. Tutto questo rovinerà la sua vita come quella di sua moglie, che morirà nonostante il suo nuovo potere; la morale di questa storia ha chiaramente a che fare con la lezione etico-morale di Aristotele.
 
Il ragazzo non controlla la sua passione, non la guida con la ragione, ma si lascia trasportare da essa fino alla totale malvagità. Non realizza il sinolo aristotelico di ragione e passione, che si chiama virtù. 
 
Proprio lo stesso Anakin, discutendo dei sith con il cancelliere della Repubblica, diceva, nel terzo episodio, che essi traggono potere dalle passioni, e si abbandonano all’egoismo; i jedi invece, continuava, usano il potere solo per il bene, senza farsi accecare dalle brama, e agiscono sempre con altruismo. Il rimando di tutto ciò alla filosofia morale è evidente.
 
Chi non controlla le sue passioni, anche quelle positive come l’amore, sconfinerà nel male; ciò purtroppo non accade raramente.
 
Ma questo è solo uno dei molti temi filosofici, di eccezionale rilevanza e portata, che ho intravisto in questa magnifica storia. Sicuramente è una delle saghe più memorabili e belle, in grado di appassionare sia grandi che piccoli, recando loro un importante messaggio.

http://www.lachiavedisophia.com/blog/religione-etica-e-metafisica-in-star-wars/

giovedì 22 settembre 2016

L'Autunno dell'Anima

Per alcuni l’autunno, con il suo meraviglioso foliage (fogliame), è una stagione che apporta un mood emotivo pregno di tristezza, nostalgia, malinconia. Per altri è invece la magia più alta che la natura possa esprimere nella sua circolarità. Anche nell’autunno c’è una gioia sommessa. Presto cercheremo di descriverla.
 
Autunno Psicologia
 
E’ ben noto in psicologia, soprattutto nella clinica, come il mutare del tempo e delle stagioni influisca a livello psicofisiologico su ognuno di noi, a diversi livelli.
 
Ciò è dovuto a una diversa serie di fattori metereologici che sono percepiti – volenti o nolenti – dalla nostra unità corpo-psiche, quali – primo tra tutti – la variazione temporale della luce diurna, che a sua volta ha effetti a livello neurotrasmettitoriale (e ormonale) su tutto il nostro corpo-psiche. Esistono anche diversi disturbi dell’umore legati al cambio delle stagioni, la stessa depressione ha una sua peculiare modalità nel cambio stagionale.
 
Affianco a – e nonostante – tutte queste evidenze scientifiche si pone un’altra realtà tanto umana quanto anch’essa scientifica, ovvero che molte persone – incluso il sottoscritto – provano stati di immensa serenità, a volte gioia, appagamento, rilassamento, rigenerazione quando l’autunno bussa alle porte di un’estate ormai finita: è come una vera e propria ri-nascita per molti.
 
E’ come se una certa primavera (che in genere rappresenta una rinascita) possa nascere anche in autunno. E’ proprio vero ciò che scrisse Nietzsche:
 
L’autunno non è una stagione,
ma uno stato d’animo

Per quanto sia questo un sentimento e una visione del tutto soggettiva, possiamo rintracciare però un parallelo analogo anche sul piano oggettivo e fenomenologico che stesso la Natura ci fornisce, e che rintracciamo in quel bellissimo e multivariegato foliage che l’autunno apporta. Quei tappeti di foglie autunnali di variazione di colore quasi infinita, quei tappeti di foglie tanto famosi in quelle peculiari regioni dell’America quali – prime tra tutte – il Vermont, i boschi del Maine così beatamente descritti dal naturalista H.D.Thoreau, il New England, Colorado, North Carolina.

Luoghi, questi, che potremmo dire hanno in sè una spiccata Anima Autunnale, un genius loci amante dell’autunno, che era molto ben colto da poeti e scrittori americani quali Emerson, Walt Whitman e il già citato Thoreau.
 
Autunno Psicologia 1
 
Si è sempre visto il foliage autunnale e l’autunno in sè – per quanto meraviglioso – come una metafora della morte e del decadimento in accezione del tutto negativa. Ma quanti poeti e scrittori hanno intravisto in questi tappeti di foglie autunnali qualcosa che è altro, o anche qualcosa che proprio in seguito alla stessa morte, al decadimento organico, è di per sè invece carico di spazio vuoto che accoglie una nuova vita che verrà, qualcosa che sta preparando una nascita, sommessamente, nell’invisibile, negli intermezzi di quei fruscii delle foglie che si salutano, cadendo…
 
L’autunno prepara in un certo senso quei germogli che la primaverà donerà. E’ quest’ultimo un pensiero che spesso sottolinea lo psichiatra junghiano Raffaele Morelli anche in ambito psicoterapico, trasportando questa metafora all’interno delle trame di vita individuali, laddove sono presenti vissuti pregni di disagi. E’ così anche nella vita psichica di un individuo accade la stessa cosa. Noi siamo inverni, siamo primavere, siamo estati, siamo autunni.
 
Siamo stagioni psichiche che ritornano, sempre, intermittenti. Nell’autunno noi spesso viviamo una dimensione psichica che è vicina alla nostalgia, alla malinconia, ad un sentimento di caducità dell’esistenza. E’ una metafora dell’esistenza psichica: molto di noi, dentro di noi, deve morire e decadere, preparasi ad una morte per lasciar spazio ai germogli che verranno in quella primavera che è archetipicamente promessa, inevitabile, imminente…
 
Imparare a vivere l’autunno come stagione esterna e interna, con tutte le sue malinconie, con tutta la sua nostalgia, depressione, introversione, solitudine, ma anche con tutti i suoi colori, i suoi odori naturali, le sue piogge. Quella sincronistica relazione tra cosmo e psiche è ben rappresentata proprio dal succedersi naturale delle stagioni, e anche l’Anima vive di stagioni.
 
Le cose più essenziali e durature crescono nel buio, nel silenzio, nell’invisibile. L’autunno prepara quella primavera che verrà.
 
Ma cosa ha a che fare un fenomeno naturale, come quello dell’autunno, di una stagione, con il mondo della psiche umana? Innanzitutto dobbiamo sempre tenere in mente che psiche è mondo, e mondo è psiche. Come disse Jung – e come sottolinea fortemente Hillman – noi tutti siamo realmente immersi nella psiche, più che averne una nostra è lei che ha noi, contenendoci.
 
Autunno Psicologia 2
 
Vi è dunque un autunno psichico, un autunno interiore. Vi è sempre un rapporto di sincronicità tra mondo e psiche individuale. Così come la vegetazione, gli alberi con le loro foglie, vivono un processo di maturazione durante l’autunno, così in noi qualcosa vive lo stesso processo, con lo stesso ritmo. Lo intuì già il poeta e filosofo Thoreau in Tinte Autunnali, quando scrisse:
 
Gli olmi…le loro foglie sono perfettamente mature. Mi chiedo se c’è qualche maturazione corrispondente nella vita degli uomini che vivono sotto di essi.
Così come nell’autunno inteso come stagione, analogamente anche nell’autunno interiore di ognuno di noi, possiamo notare che – sommessamente – qualcosa sembra che muoia, qualcosa sembra stia per andare via, qualcosa sembra stia per cadere, cade, proprio come le foglie si staccano dal proprio albero, così da noi cadono parti e frutti maturi che ormai non hanno più motivo di persistere nella loro forma, cade ciò che ha raggiunto la sua massima maturazione e che quindi deve mutare, morire, trasformarsi. E’ qui presente un antico mitologema che ci vive.
Ma questa caduta e questo morire è un cedere posto -a.
In questa caduta non vi è soltanto morte e fine.
 
L’autunno interiore è una trasformazione silenziosa e sommessa.
 
Thoreau Tinte Autunnali
 
E’ da qui che quasi sicuramente, io credo, nasce la gioia e quella dimensione di positività dell’autunno, una dimensione che sembra attraversare e farsi sentire maggiormente da alcuni individui con una certa tipologia psicologica[2] orientata all’introversione.
 
Vi è una certa magia inconfutabile in questa stagione, testimoniata da quei meravigliosi tappeti di foglie autunnali. Albert Camus colse bene questo aspetto altro dell’autunno e delle sue foglie, quando scrisse che:
L’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore.
E’ questo vedere in ogni foglia un fiore che ci da testimonianza che, in fondo, qualcosa mentre muore sta anche preparando una rinascita, e quale miglior simbolo di quel qualcosa che ha da venire, se non quello del fiore? Quel fiore mistico dell’anima…
 
Noi dovremmo percepire profondamente che lo spirito dell’autunno porta in se la magia della morte che fa spazio al nuovo, soprattutto in termini psicologici. Dovremmo armonizzarci – come facevano gli antichi – a questi ritmi stagionali e conviverci parallelamente in termini psicologici, di stati interiori, quegli stati interiori tipici dell’autunno che abbiamo succitato, che molto spesso allontaniamo e rifiutiamo esclamando stupidi clichè come “Oh no! L’estate è finita”, “Il caldo se ne andrà ora arriva l’autunno!”, “Oh che noia e immobilità l’autunno”.
 
La psiche ha bisogno dei doni di questa stagione, quali l’introversione, la lentezza del tempo, un certo silenzio nell’aria, una certo focus alla caducità e all’impermanenza dell’inessenziale.
 
Riguardo poi le foglie autunnali (autumun leaves), in toni molto particolari, ce ne parla lo scrittore naturalista Thoreau, che – ricordiamolo – oltre ad essere un appassionato e profondo conoscitore della botanica, era un grande amante di quella ampia e vasta natura americana, dei suoi paesaggi (landscape), dei suoi boschi del Maine. Così ne parla nel suo Tinte Autunnali:
 
«E’ piacevole passeggiare sopra i letti di queste foglie fresche, croccanti, e fruscianti. Come vanno splendidamente alle loro tombe! Con quanta delicatezza si sdraiano e diventano terriccio! Dipinte di mille colori, e adatte a diventare i letti di noi che viviamo. Così marciano alla loro ultima dimora, leggere e vivaci. (…)
Esse ci insegnano come morire. Ci si chiede se potrà mai venire un tempo in cui gli uomini, con la loro vantata fede nell’immortalità, giaceranno con altrettanta grazia e maturità. (…)
Quando le foglie cadono, tutta la terra è un cimitero piacevole in cui passeggiare. Amo vagare e meditare su di esse nelle loro tombe. Qui non ci sono epitaffi mendaci o vani. Che importa se non possiedi un posto al Mount Auburn? Il tuo posto è sicuramente gettato da qualche parte in questo vasto cimitero, che è stato consacrato nei tempi antichi. Non hai bisogno di partecipare all’asta per assicurarti un posto. C’è abbastanza spazio qui…»

 
Thoreau aveva visto in quelle foglie dei veri e propri insegnanti naturali di vita, soprattutto quando scrive che esse ci insegnano a morire. E’ proprio ciò che finora abbiamo scritto sulla dimensione psichica dell’autunno, quel morire in termini psicologici, che come la clinica e la dinamica dell’inconscio ci insegna, è necessario e assolutamente vitale per far spazio e rinnovarsi, per far emergere il mondo sorgivo interiore che si prepara ad esistere, nostre nuove dimensioni vitali.

Per nascere veramente, occorre rinascere ci ricordava Aldo Carotenuto[3], e questa rinascita sembra – paradossalmente – incominciare già nell’autunno.
 
Queste stagioni di mezzo, autunno e primavera, che stanno per così dire tra inverno ed estate, sembrano essere – per l’occhio comune – nient’altro che stagioni preparatorie, ritualistiche, preludi fugaci all’inverno e all’estate che verranno, e per quanto nella nostra cultura contemporanea la dimensione del passaggio a qualcos’altro sia sempre meno vissuta, percepita, intuita, amata, dobbiamo invece realizzare che proprio in queste due stagioni – autunno e primavera – si cela forse – e timidamente – la vita tutta quanta.
 
Come un albero d’autunno cosi è l’uomo quando entra nell’autunno della sua vita: seppure a volte il freddo che la stagione comincia a portare sia inevitabile, a volte persistente, l’albero continua a vivere della sua linfa e con le sue radici, producendo foglie di una tinta meravigliosamente variegata, tinte che solo in quel periodo possono vedersi. Thoreau ricorda come sia davvero strano e curioso che proprio l’ultimo momento di vita della foglia che si stacca dall’albero, proprio questo momento di forte caducità, doni alla foglia matura il suo colore più bello che in natura si possa ammirare. Così anche l’uomo, quando entra nel suo autunno interiore, viene investito da un freddo sempre più crescente, e una strana solitudine lo obbliga a volgere l’occhio dentro.
 
autunno
 
Nonostante il freddo, quell’uomo, come l’albero fa con le sue foglie, produrrà sul suo volto i segni di un tumulto epico interiore – ma sommesso -, che proprio come le foglie d’autunno, avranno una loro storia e un loro futuro, segni che avranno una caratteristica del tutto particolare.
 
Cosi come l’albero in autunno anche alcuni uomini, nel loro autunno interiore, possono rilucere con una più peculiare intensità, con dei colori che presagiscono una rinascita imminente. L’autunno prepara quei frutti che verranno. Ognuno deve vivere il proprio autunno seppure gli sembrerà di un freddo e di una solitudine sempre crescente.
 
Ma come gli alberi toccano con i loro rami e le loro foglie quelli degli altri alberi, cosi noi, nel nostro autunno psichico, potremmo toccare e sfiorare l’autunno in un altro. L’autunno può essere anche romantico, vi si può accendere un piccolo fuoco dal quale proviene un pò di calore
 
autumn autunno
 
Bibliografia generale:
◾Henry David Thoreau. Tinte autunnali
◾Henry David Thoreau. Camminare
◾Henry David Thoreau.  La vita nei boschi
◾Henry David Thoreau. I boshci del Maine
◾G. Jung. Tipi Psicologici
◾G. Jung. Simboli della trasformazione
◾Aldo Carotenuto. Eros e Pathos
◾Walt Whitman. Foglie d’erba
 

giovedì 31 marzo 2016

Alla Fine del Viaggio

Cinque anni fa iniziai questo percorso di ricerca e di studio di ciò che abbiamo sempre definito come “Mosaico della Verità”, totalmente ignaro di dove mi avrebbe portato, delle incredibili scoperte che avrei compiuto, delle attività che avrei realizzato, ma soprattutto delle straordinarie persone che avrei incontrato nel corso del cammino, preziosi collaboratori, alcuni dei quali diventati dei veri amici e altre persone ancora le quali ho riconosciuto come vere e proprie presenze karmiche che sono e che saranno eternamente presenti nel tempo.

A ciascuno di essi sono e sarò grato in eterno per gli insegnamenti ricevuti e per le lezioni fornite.

Ma purtroppo arriva sempre un momento nella vita di ciascuno di noi in cui ci si deve fermare a fare i conti con se stesso e, come anche il mito di Inanna ci insegna, forse un po’ morire per poter ritornare alla luce e continuare a vivere, a fronte di un nuovo ‘solve et coagula’ tra i tanti che la vita ci pone davanti.

D’altronde in ultima analisi non è forse questo il grande insegnamento che le tradizioni e i miti di ogni tempo ci vogliono fornire attraverso la codifica del simbolismo dell’immutabile eterno ciclo di vita-morte-rinascita risultante dalla semplice osservazione dei cicli stagionali della natura?

Ed è per questo che oggi mi vedo portato a “uccidere” metaforicamente il Progetto Atlanticus e tutti i suoi collegati, ritirandomi da ogni tipo di attività pubblica, nel tentativo di ritornare ad essere quel Player B che un giorno qualcuno mi disse io fossi e del quale da tempo sento di non avere, o di avere perso, le qualità e le caratteristiche che lo contraddistinguono e che abbiamo imparato insieme a riconoscere.

Voglio porgere le mie scuse verso le persone coinvolte nei progetti attualmente in essere ai quali, per i motivi sopra esposti, non potrò più dedicare la necessaria attenzione e che pertanto risultano interrotti fin da subito.

Il mio ultimo saluto vuole essere una esortazione a non smettere mai di pensare, sempre con senso critico e capacità di discernimento, di continuare il percorso e di affrontare con vigore le sfide che la vita ci pone davanti e che noi stessi ci siamo posti prima di venire al mondo. 

Soprattutto di non rinunciare mai a confidare di poter cambiare il mondo combattendo le forze arcontiche nonostante sia questa una battaglia che sappiamo di non poter vincere sul piano fenomenico, ma che, nonostante ciò, vale la pena combattere fino alla fine, poiché è attraverso di essa che perfezioniamo la conoscenza della nostra reale natura trascendente, “… nei secoli dei secoli fino a completa guarigione…” il che, credo, sia la cosa più importante essendo l’utopia del ‘risveglio’ collettivo, del ritorno all’età dell’oro edenitica, la sommatoria di singoli ‘risvegli’ individuali e di ritorni a un ‘eden’ già dentro di noi e che attende solo di essere riscoperto.

Buon viaggio… e buon solve et coagula a tutti…


Post Scriptum

Il blog rimarrà aperto al fine di lasciare la possibilità a chiunque di poter continuare ad attingere a quanto prodotto nel corso di questi anni di attività, ma non verrà più aggiornato. Lo stesso vale per gli altri canali collegati al Progetto inclusi i profili  facebook, i gruppi e i vari thread aperti sui forum.

sabato 26 marzo 2016

Il Destino delle Anime Compagne

... È facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende sempre qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri s’incontrano e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose, sotto il sole, sono state scritte dalla stessa Mano, la Mano che risveglia l’Amore e che ha creato un’anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i proprio tesori sotto il sole. Perché se tutto ciò non esistesse non avrebbero più alcun senso i sogni dell’umanità... - Paulo Coelho, “L’Alchimista”
 
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Quando si parla di Anime Gemelle, ci si riferisce a quella particolare interconnessione che lega due o più anime con un unico destino: quello di incontrarsi, vita dopo vita, ed evolvere insieme lungo il cammino dell’evoluzione spirituale.
 
Le Anime Gemelle si stimolano e si aiutano nel percorso di crescita spirituale, spesso una viene in soccorso dell’altra, proprio perché in primo luogo, esse hanno un destino da raggiungere, sulla base delle vite passate già vissute. Viviamo nell’Era della consapevolezza cosmica e ogni cosa che accade, ha una sua ragione di essere, nulla appartiene al caso; pertanto, anche i nostri ricongiungimenti, i nostri incontri, appartengono ad un programma cosmico ben definito.

La domanda che molti si pongono è: “Perché esistono le Anime Gemelle?”. Sicuramente le Anime Gemelle non sono un’invenzione di chissà chi, ma sono effettivamente una realtà che riguarda l’Essere, inteso come essere spirituale naturalmente.
 
Possiamo definire la nostra anima come “incompleta”, “non evoluta”, e quindi ci si trova su questo pianeta, vita dopo vita, con determinate caratteristiche che devono essere completate dall’Anima Gemella, affinché possiamo manifestarci nella nostra integrità e far sì che si compia il Destino. Un incontro tra Anime Gemelle è quel momento in cui un individuo prende coscienza che gli manca qualcosa, e che quel qualcosa è un tassello importante, fondamentale nella propria esistenza, perché gli ricorda qualcosa che è celato agli occhi della mente e che risiede nel cuore.
 
A differenza dei luoghi comuni, non è così scontato che si arriverà a sposare, o comunque a vivere insieme all’Anima Gemella più strettamente connessa a noi. Nel titolo ho usato volontariamente il plurale, Anime Gemelle, proprio perché molto probabilmente ce ne può essere riservata più di una, perché le famiglie d’anime procedono insieme.
 
Quindi, può essere del tutto naturale sposare o vivere con una persona che non è la nostra Anima Gemella, ma è comunque un’anima che nello specifico ha qualcosa da insegnarci, oppure siano noi che abbiamo qualcosa da insegnare a quell’anima. Tradotto significa che possiamo incontrare una delle nostre Anime Gemelle quando, sia noi, che lei, ci siamo già sposati e abbiamo creato una famiglia nella vostra vita attuale.
 
Questo succede perché la relazione tra Anime Gemelle perdura per molte vite, ma soltanto a livello spirituale, mentre noi possiamo vivere fisicamente con un’altra anima in accordo karmico. Così come non è escluso che il nostro legame animico più forte sia con l’anima di un nostro genitore, di un nostro figlio o fratello. Ma può anche darsi che la nostra Anima Gemella non si sia incarnata durante questa nostra esistenza e ci protegge dall’aldilà, come un Angelo Custode.
 
Oppure, come nei desideri di molte persone, la nostra Anima Gemella si identifica con il nostro Partner, con quella persona che emana verso di noi un bisogno di stare insieme che sfugge alle ordinarie ragioni di attrattiva e supera ogni considerazione umana, trasformandosi in una sensazione di completezza e di appagamento senza ragione. Ognuna di queste “opzioni” non è un caso o una causa, bensì è il destino delle Anime Gemelle che sono sempre destinate, in un modo o nell’altro, ad incontrarsi, anche solo per un attimo.
 
A volte basta un incontro di pochi minuti, per cambiare per sempre la nostra vita. E chi può avere questa forza dirompente su di noi, se non un’Anima Gemella?
 
Stare con la propria Anima Gemella è come sentirsi a casa, è un rapporto speciale, nel quale non si deve recitare, fingere o apparire, perché l’affinità che ci lega è immediata, profonda e “antica”, come se si conoscesse da sempre. Probabilmente non è una persona con gli stessi nostri interessi o opinioni, per il semplice fatto che l’attrazione che si crea è molto più profonda e misteriosa e non riguarda gli strati superficiali della personalità, in quanto viene dalla nostra stessa famiglia di anime.
 
Anime Gemelle o Anime Compagne?
«Ognuno di noi sceglie la propria vita e ne è dunque l’unico artefice. Perdonare significa amare chi è entrato nella nostra vita, qualunque sia stato il suo ruolo» - Roberta Sava
 
Molti di noi sono in cerca dell’Anima Gemella, ma sappiamo davvero di cosa si tratta?
 
Da dove viene il senso di riconoscimento che talvolta ci capita di provare nei confronti di un’altra persona, e che ci porta a investire moltissime aspettative nel rapporto con lei?
 
Esiste davvero qualcuno in grado di capirci al volo, quasi telepaticamente, e con cui possiamo vivere senza tensioni, abbandonando qualunque sentimento negativo?
 
Le famiglie di anime nascono da quella che esotericamente viene definita un’anima-radice, o Super-anima. Un’anima-radice emanata dal Creatore (o Dio, o come preferite chiamarlo) in tempi remoti e generatrice, nel tempo, di molte anime-compagne, e appunto, Anime Gemelle. Pertanto, sono anime che sono state create nello stesso istante e condividono l’identica essenza. È si spiega il perché i sentimenti reciproci tra Anime Gemelle sono in assoluto i più intensi che un’anima possa provare per un’altra anima.
 
Le famiglie d’anime non sono altro che il macrocosmo, in un piano spirituale, della nostra famiglia tradizionale vista da un piano materiale, microcosmo. Per questo viene difficile spiegare cosa “provano” due o più Anime Gemelle, è un’intimità animica immediata, spontanea e inesprimibile con i parametri relazionali consueti.
 
Sento spesso dire da molte persone: “Perché non incontro la mia Anima Gemella?”, la risposta è alquanto semplice: l’Anima Gemella non va cercata, non è nelle nostre facoltà. Questi incontri sono materia del destino, bisogna semplicemente avere fede ed essere pronti, perché si verificheranno di certo. Successivamente, dopo l’incontro, sarà il libero arbitrio a decidere, il destino ci mette davanti un dono come l’Anima Gemella, ma noi dovremo essere in grado di riuscire ad ascoltare il nostro Cuore.
 
Tanto più siamo Risvegliati, tanto più è probabile che la decisione (qualsiasi essa sia) si basi sull’Amore. E quando entrambi i partner sono Risvegliati, allora, per loro, l’estasi sarà a portata di mano.
 
Il mio consiglio è sempre lo stesso, vivete il momento presente, vivete al meglio ciò che avete di fronte adesso. Che sia la vostra famiglia, la vostra storia attuale, ciò che vi è vicino, vivetelo! Non restate sempre con la speranza rivolta al futuro, che un giorno arriverà qualcosa di migliore. Iniziate ad apprezzare quello che avete ora, entrate in contatto con la bellezza attuale della vostra vita, scendete in profondità, perché la bellezza la si trova anche in un rapporto burrascoso e pieno di difficoltà, in una famiglia pieni di problemi.
 
Perchè potreste avere la vostra Anima Gemella sotto i vostri occhi, ogni giorno, e non accorgervene.
 
Uscite dagli stereotipi delle pubblicità, delle famiglie perfette del mulino bianco o della findus, la vita reale è ben altra cosa. L’Amore è un fenomeno molto vivo, non è farsa e non è simulazione. Fidatevi delle vostre intuizioni, delle vostre sensazioni e ascoltate il vostro cuore, sempre, perché lui ci parla al di là di ogni dubbio.
 
Abbiate fede nelle piccole cose, e l’Universo vi donerà tutto se stesso, perché solo chi sceglie lo stato del Cuore e dell’Amore, sa leggere le sincronicità che l’Universo mette nel sentiero del destino.
 

venerdì 25 marzo 2016

Citazioni di Osho sull'ego

L’ego inizia a crescere così come il bambino cresce
 
"L’ego non esiste in nessuna parte del mondo eccetto che tra gli esseri umani, ed inizia a svilupparsi non appena il bambino cresce.
 
I genitori, la scuola, il collegio, l’università, tutti gli danno una  mano nel rinforzare l’ego per il semplice motivo che nei secoli l’uomo ha dovuto lottare per la sopravvivenza e la sola idea è diventata una fissazione, un profondo condizionamento inconscio: solo ego forti possono sopravvivere nella battaglia della vita.
 
La vita stessa è diventata una lotta per la sola sopravvivenza.
 
Gli scienziati hanno fatto diventare questa idea ancora più convincente con la teoria della sopravvivenza dei più forti, e noi tutti aiutiamo i bambini a crescere e diventare sempre più forti nell’ego. I problemi nascono proprio da questo.
 
Appena l’ego diventa più forte inizia a circondare l’intelligenza con un fitto strato d’oscurità. L’intelligenza è luce, l’ego invece il buio. L’intelligenza è molto delicata, l’ego molto rigido. L’intelligenza è come una rosa, l’ego come una pietra. I cosiddetti sapienti affermano che, se vuoi sopravvivere, devi diventare come una pietra, potente, invulnerabile. Devi diventare come un fortino che non può essere attaccato dall’esterno. Impenetrabile.
 
Per questo diventi chiuso, la tua intelligenza inizia a morire perché ha bisogno di un cielo aperto, di vento, d’aria, del sole per crescere, espandersi, fluire. Per rimanere in vita ha bisogno di un fluire costante e, se diventa stagnante, poco a poco si trasforma in un fenomeno letale."
 
 
La felicità è la morte dell'ego
 
"La felicità è minacciosa e la miseria ti salva, è una salvezza per l’ego. L’ego può esistere solo nella miseria e attraverso la scontentezza, è un’isola circondata dall’inferno. La felicità è una minaccia per l’ego, per la sua esistenza reale. La felicità sorge come il sole, l’ego scompare ed evapora come la rugiada sulle foglie d’erba.
 
La felicità è la morte dell’ego. Se vuoi restare un’entità separata dall’esistenza, come quasi tutti cercano di fare, diventerai pieno di paura dello stato di beatitudine e di allegria, ti sentirai in colpa d’essere benedetto, ti sentirai suicida in quanto stai commettendo un suicidio al livello psicologico, al livello del tuo ego.
 
Succede di solito che le persone si rallegrano per pochi momenti e poi si sentono in colpa. La colpa nasce a causa dell’ego, l’ego inizia a torturarli, “Che cosa stai facendo? Hai deciso d’uccidermi? Io sono il tuo unico tesoro. Vuoi uccidermi? Sarai distrutto, uccidendomi, ti distruggerai."
 
 
Cerca di capire l'ego
 
"Cerca di capire l’ego: analizzalo, sezionalo, osservalo, guardalo da tutti gli angoli possibili. Non avere fretta di sacrificarlo, altrimenti nascerà il più grande egoista: la persona che pensa di essere umile, la persona che pensa di non avere ego.

Questa è la stessa storia ma a livello ancora più sottile. Questo è quello che hanno fatto i religiosi, per secoli sono stati degli egoisti, ma pii. Hanno fatto sì che il loro ego sia ancora più decorato, prendendo il colore della religione e della santità. Il tuo ego è migliore dell’ego di un santo: migliore, davvero migliore – il tuo ego è molto grossolano, e quindi può essere compreso e abbandonato, più facilmente di un ego sottile. L’ego sottile va avanti giocando così tanti giochi che diventa difficile da trattare, e si ha bisogno di assoluta consapevolezza per guardarlo."
 
 
La miseria nutre il tuo ego
 
"La miseria ha molte cose da darti che la felicità non ti può dare. Al contrario, la felicità ti porta via molte cose, infatti, la felicità ti toglie qualsiasi cosa hai avuto o sei stato: la felicità ti distrugge.
 
La miseria nutre il tuo ego e la felicità di base è uno stato senza ego: questo è il problema, la croce. Per questo motivo la gente trova difficile essere felice, e per questo, milioni di persone al mondo devono vivere in miseria, decidono di vivere miseramente: questo stato ti aiuta a cristallizzare l’ego. Non sei felice se sei miserabile: nella miseria, avviene la cristallizzazione.
 
Nella felicità la diffusione.
Una volta che hai compreso, le cose diventano molto chiare. La miseria ti rende speciale, mentre la felicità è un fenomeno universale: non c’è niente di speciale nell’essere felici."
 
 
L'amore non può convivere con l'ego
 
"Amore ed ego non possono convivere, conoscenza ed ego invece stanno insieme perfettamente, e bene. L’amore e l’ego non possono per nessun motivo, non convivono assolutamente. Sono come il buio e la luce: se c’è luce, il buio non può esserci, l’oscurità esiste solo quando non c’è la luce. Se non c’è l’amore, l’ego può essere presente; se c’è amore l’ego non può esserci, e viceversa, se si abbandona l’ego, l’amore sopraggiunge da tutte le parti, semplicemente inizia a versarsi dentro di te da ogni direzione."
 
 
L’ego nutre i tuoi desideri di essere qualcun altro
 
"Da dove l’ego attinge la sua energia? L’ego nutre i tuoi desideri d’essere qualcun altro. Sei povero e vuoi essere ricco – l’ego assorbe energia, il respiro della vita. Sei un ignorante e vuoi diventare saggio – l’ego assorbe energia. Sei un povero sconosciuto e vuoi diventare un potente – l’ego assorbe energia.
 
Cerca di comprendere il processo dell’ego. Come vive? L’ego vive nella tensione tra quello che sei e quello che vorresti essere. A vuole diventare B – l’ego viene creato da questa tensione. Come muore?
 
Quando ti accetti cosi come sei. Quando ti dici, Sto bene, per come sono, e dovunque sono, va bene. Resterò per come l’esistenza vuole che io sia. I suoi desideri sono i miei.
 
Abbandonando tutte le tensioni sul futuro – che dovresti diventare questo o quello – l’ego, evapora. Cerca di capire che l’ego vive nel passato e nel futuro, la pretesa dell’ego viene dal passato, “ho fatto questo, ho fatto quello” – è tutto nel passato.
 
E l’ego ti dice, “Realizzerò tutto questo completamente, ti mostrerò finalmente che sono in grado di realizzare tutto ciò.” Tutto ciò è però nel futuro. L’ego semplicemente non esiste nel presente. L’ego scompare se resti nel presente, il presente è la morte dell’ego, restare nel presente è la morte dell’ego."
 
 
L'ego appare con le frizioni
 
"L’ego esiste attraverso frizioni: se hai un ideale, diventi egoista. L’idealista è un egoista, quando hai ideali più grandi diventi un grande egoista. Maggiore l’ideale, più grande l’ego, maggiore è la frizione.
 
L’ego è creato dalle frizioni che esistono tra il reale e l’ideale. Adesso forse hai l’ideale di essere senza ego, ma non ha importanza. Forse ti stai dicendo, “Ma ho l’ideale d’essere senza ego! – non ha importanza, l’ideale porta con sé l’ego. L’ideale attuale di essere senza ego porterà con sé un ego più grande, l’egoista reale è chi pensa d’essere umile, chi pretende di essere senza ego.
 
Chi è senza ego è la persona che non ha ideali. Lascia che questo sia il criterio, e ti sei imbattuto su un qualcosa di fondamentale. L’uomo senza ego è senza ideali. Allora come può essere creato l’ego? – si perde l’energia reale. L’energia viene dalla frizione, dal conflitto, dall’accanimento, dal volere.
Accettando la tua vita – fai colazione, vai a dormire, cammini e fai il bagno – come puoi creare un ego da queste cose?
 
Dormendo quando sei stanco e mangiando quando hai fame, come puoi creare un ego? No, se digiuni, puoi creare l’ego. Se rimani sveglio tutta la notte dicendoti, no, non vado a dormire, puoi creare l’ego. Al mattino, la persona che ha dormito bene non ne avrà alcuno, mentre tu avrai un ego più grande."
 
 
L’ego non vuole essere integro
 
"Non t’insegno ad essere bravo, ne cattivo; ti sto insegnando ad essere integro. L’essere integro è un essere sano, ed essere sano, è essere sacro.
 
Ma l’ego non vuole essere intero, quando sei totale l’ego non esiste, l’ego esiste solo se sei diviso.
 
L’ego esiste, quando lotti con te stesso e sempre quando ci sono conflitti, essi sono il suo cibo, il suo nutrimento. L’ego non esiste quando sei totale, puoi vederlo da solo. Puoi vedere i criminali – hanno il loro ego, puoi guardare i santi, hanno il loro ego: l’ego del buono e del cattivo. Ma, se trovi un uomo senza ego, non sarà né un peccatore né un santo, sarà molto semplice, e non rivendicherà nessuna cosa come buona o cattiva, non rivendicherà nulla.
 
 L’ego è creato dalla spaccatura, entra dentro di te, quando lotti; quando invece non lotti, non può entrare. L’ego è tensione, se vuoi che ci sia l’ego dividiti più che puoi – diventa due. Questo succede a molti, a tutta l’umanità. Tutti sono diventati due persone, uno dice “Fallo!” e l’altro invece “Non farlo!” e così l’ego diventa più grande, cresce con la frizione, ed è molto intossicante, ti rende inconsapevole. Il meccanismo è tutto lì."
 
 
Non puoi abbandonare l’ego
 
"Io sono" non è altro che un altro nome dell’ego. Adesso entrerai nei guai. Se l’ego è convinto che la sola strada è quella di abbandonarlo, chi sarà in grado di abbondare chi? E come? Sarebbe come tirarti su con i lacci delle tue scarpe. Saresti uno stupido, osserva tutte le parole che adoperi."Io sono" non è altro che l’ego.
 
 L’altra cosa: nessuno mai è stato capace di abbandonare l’ego in quanto l'ego, non è una realtà che puoi abbandonare. Qualsiasi cosa vuoi abbandonare deve essere almeno reale, consistente. L’ego è solamente una nozione, un’idea, non puoi abbandonarlo, puoi solo comprenderlo. Potrai mai abbandonare la tua ombra? Puoi correre più veloce che puoi, ma la tua ombra correrà alla stessa velocità, esattamente con la stessa velocità.
 
 Non puoi abbandonare l’ego, una volta che hai iniziato a provare ad abbandonare l’ego entrerai in una grande e profonda confusione: diventerai sempre più preoccupato e perplesso, e non è questa la maniera di liberarsi dall’ego, l’unico modo è invece quello di osservarlo."
 
 
La natura è sempre bella, l'ego sempre brutto
 
"Ogni volta che fai qualcosa guarda, sii attento. Se ti porta alla miseria, sai bene che è questione di ego, quindi la prossima volta stai attento, non ascoltare quella voce. Se è naturale, ti porterà ad uno stato di benedizione della mente: la natura è sempre bella, l’ego sempre brutto. Non ci sono altre strade, se non per tentativi.
 
Non posso fornirti un criterio quindi puoi giudicare ogni cosa; la vita è sottile e complicata, tutti i criteri cadono velocemente. Dovrai fare uno sforzo per giudicare, ogni volta che fai qualcosa, ascolta la tua voce interiore, notala, e guarda dove ti porta. Se ti porta verso la miseria, certamente proviene dal tuo ego.
 
Se il tuo amore ti porta alla miseria, proviene dall’ego, se invece ti conduce ad uno stato di beata, benedetta bellezza, viene dalla natura stessa. Se la tua amicizia, persino la meditazione, ti accompagnano verso la miseria, provengono dall’ego, mentre se, invece, sono originati dalla natura, al loro interno può esistere tutto, e tutto diventa armonioso. La natura è bella, magnifica, ma devi lavorarci sopra.
 
Nota sempre che cosa stai facendo e dove ti porta. Poco alla volta, diventerai consapevole di ciò che è originato dall’ego e di quello che invece viene dalla natura; cosa è reale e cosa è falso. Prenderà tempo, consapevolezza, osservazione. Non ingannarti, solo l’ego porta alla miseria, nessun altra cosa.
 
Non gettare la responsabilità sugli altri, l’altro è irrilevante. Il tuo ego ti porta alla miseria, nessun altro ti ci porta, l’ego è la porta che si apre sull’inferno. Il naturale, l’autentico, il reale che scaturisce dal tuo centro, è la porta del paradiso. Devi trovarla e lavorarci sopra."
 
 
Prima di perdere il tuo ego, devi arrivare ad averlo

Sento come se sviluppando l’attitudine verso la resistenza alle difficoltà, avessi rinunciato a molte parti della mia vita. Questo sembra come un peso che mi spinge contro tutti gli sforzi di diventare più vivo durante la meditazione. Forse è il segnale di aver soppresso il mio ego, e che lo devo trovare di nuovo prima di perderlo completamente?
 
Questo è uno dei maggiori problemi, sembra proprio paradossale, ma è vero – prima di poterlo perdere devi arrivare ad averlo: solamente un frutto maturo cade al suolo. Questa è maturità. Un ego non maturo non può essere buttato o distrutto. Se ti perdi lottando con un ego ancora acerbo, da distruggere e dissolvere, tutto lo sforzo sarà un fallimento. Invece di distruggerlo, lo troverai più forte, in modi nuovi e sottili.
 
Questo è da comprendere, l’ego deve arrivare ad un picco, deve essere forte, deve giungere ad una completezza, ad un’integrità – solamente allora potrai dissolverlo. Un ego fragile non può essere dissolto, e questo è un problema.
 
In oriente tutte le religioni predicano l'assenza dell'ego, quindi in oriente tutti sono contrari all’ego, sin dall’inizio, e a causa di questa attitudine contro l’ego esso non diventa mai forte, non arriva mai ad un punto d’integrazione da cui possa essere abbandonato, non diventa mai maturo: in oriente è molto difficile dissolvere l’ego, direi quasi impossibile.
 
In occidente invece tutta la tradizione occidentale della religione e della psicologia, insegna, prega, persuade le persone ad avere un ego forte, in quanto finché non hai un ego forte, come puoi sopravvivere? La vita è un combattimento, e se sei senza ego sarai distrutto. Chi resisterà allora? Chi combatterà? Chi competerà? La vita è una competizione continua. La psicologia occidentale suggerisce: attieniti all’ego, sii forte con lui, ma in occidente è molto facile dissolvere l’ego. Un ricercatore occidentale ogni volta che arriva a comprendere che l’ego è un problema, facilmente può dissolverlo, più facilmente di un ricercatore orientale. Questo è il paradosso – in occidente si parla di ego, ma in oriente si parla di essere senza ego, in occidente è facile dissolverlo, ma in oriente è molto difficile.

Questa sarà una gran prova per te: prima, arrivare a possederlo, e poi saperlo perdere, perché puoi farlo solamente con qualcosa che possiedi. Non avendolo ancora ne raggiunto ne posseduto, come potrai perderlo?"
 
 
Con l’ego l’amore è impossible
 
"Nel momento in cui sei nella rabbia, nella passione, violento e aggressivo, ti senti come se dentro di te ci fosse un ego cristallizzato, e ogni volta che sei in amore, in compassione, tutto questo non esiste.
L’amore è impossibile per questo motivo, e non possiamo amare a causa dell’ego. Ecco perché parliamo così tanto dell’amore e non siamo mai in amore.
 
Qualsiasi cosa noi chiamiamo amore è più o meno sesso, non amore; non puoi perdere l’ego, e l’amore non esiste fino a quando l’ego è scomparso. Amore, meditazione, devozione, tutte queste cose ne richiedono una sola: che l’ego non sia presente.Ecco perché Gesù è corretto nell’affermare che Dio è amore, in quanto entrambi i fenomeni accadono, ma quando non c’è ego."
 
 
La società ha bisogno di te, del tuo ego
 
"Il bambino nasce con il proprio sé, non con l’ego, ma sviluppa l’ego: diventando sempre più sociale e in relazione con gli altri, l’ego si sviluppa. Questo succede solamente nello spazio periferico in cui sei in relazione con gli altri, proprio al confine del tuo essere, quindi l’ego è la periferia del tuo essere mentre il sé ne è il centro. Il bambino nasce con il sé, ma non ne è consapevole. È il sé, ma non è consapevole di esserlo.
 
La prima volta che il bambino sente la consapevolezza, questo avviene quando avverte il suo ego.
 
Diventa consapevole del suo “Io”, non del Se. In realtà diventa consapevole del “Tu”. Per prima cosa diventa consapevole di sua madre, e poi, in riflesso, di se stesso. Inizialmente è consapevole degli oggetti che ha intorno a sé, poi poco alla volta inizia a sentirsi separato. Questo percepire la separazione gli conferisce l’ego e nel diventare consapevole dell'ego, l'ego diventa l'involucro del Se
 
L’ego inizia a crescere e svilupparsi. La società ha bisogno di te come ego, non come un sé. Il sé per la società è poco rivelante, la periferia invece è ricca di significati. Da lì sorgono molti problemi.
 
L’ego può essere insegnato ed essere reso docile, forzato all’obbedienza. Può essere messo in ordine, ma non è lo stesso con il Sé. Il Sé non può essere insegnato, né forzato. Il Sé è intrinsecamente ribelle, individuale. Non può diventare parte della società."
 
 
Sei Unico
 
"Tutti, persino un topolino, hanno il loro ego. Tutti, persino un uomo religioso, hanno l’ego, anche se stai dichiarando, “Sono solo polvere sotto i tuoi piedi,“ stai accumulando ego.

 L’ego e la personalità devono essere abbandonati e solo dopo puoi trovare dove si origina l’individualità... un senso d’unicità. Esatto, sei unico. Tutti gli altri anche sono proprio unici. In questo mondo esistono solo persone uniche quindi il paragone è proprio stupido, tu, da solo, sei solo te stesso. Non c’è nessuno come te, quindi perchè ti paragoni?"
 
 
Ego è sfruttamento
 
"Ci sono solo due stati di consapevolezza – lo stato dell’ego e lo stato dell’amore. L’ego è uno stato meschino, sotto forma di seme , è uno stadio atomico; l’amore contiene tutto, l’amore è Dio. Il centro dell’ego è l’io. L’ego esiste per se stesso. Il nettare dell’amore è l’universo. L’amore pulsa per il tutto.
L’ego è sfruttamento, l’amore un servizio. Ed il servizio che fluisce dall’amore, liberamente e spontaneamente, è non – violenza."
 

giovedì 24 marzo 2016

Un Tuffo nell'Invisibile - L’errore e i limiti odierni nel considerare l’invisibile come inesistente

Domenica 10 Aprile, Progetto Atlanticus, presenterà a Pella, in provincia di Novara, presso il magico contesto della sede della associazione Arianrhod, la conferenza dal titolo:

UN TUFFO NELL’INVISIBILE - L’errore e i limiti odierni nel considerare l’invisibile come inesistente

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L’errore di considerare l’invisibile come inesistente, principio figlio di un certo tipo di “scientismo” e di un “razionalismo” radicale ha sancito nettamente la separazione tra scienza e misticismo impedendo nella sostanza lo studio, l’approfondimento e la conoscenza di una parte considerevole di mondo senza la quale si perde la possibilità di comprendere la nostra stessa natura.

Oggi siamo ancorati al piano fisico a causa della nostra limitata capacità di interfacciarci con ciò che la cosmologia del Progetto Atlanticus definisce “Piano Metafisico” popolato da entità trascese che le religioni hanno definito demoni e angeli.

A differenza di come invece veniva concepito nell’esoterismo secolare e, ancora prima forse, nelle società preistoriche antidiluviane dove vi era una maggiore connessione e armonia con le forze della natura. 

Quell’armonia andata persa con la discesa biblica della ‘corruzione’ nel cuore dell’Uomo che costò ad esso già una volta il Diluvio e alla quale diventa ineluttabile ricollegarsi.

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